La presenza di microplastiche è maggiore nelle profondità marine
L’inquinamento delle acque da microplastiche e microfibre di origine tessile è un problema destinato a peggiorare, se non ci saranno interventi mirati a ridurne la produzione. Lo studio di Greenpeace sulle indagini effettuate nel corso dell’estate 2020 nei mari italiani, e pubblicato in occasione della Giornata degli oceani 2021, dimostra come la concentrazione di questi inquinanti aumenta nelle profondità marine.
Nonostante il lockdown e una minore attività produttiva, i risultati mostrano che nel mar Tirreno, la presenza di microplastiche e microfibre è aumentata, con concentrazioni superiori al milione e mezzo di particelle per chilometro quadrato, paragonabili a quelle presenti nei grandi vortici oceanici.
Cosa sono le microplastiche e qual è la loro origine?
Le microplastiche sono particelle di plastica inferiori ai 5 mm. Ne esistono due tipologie: microplastiche primarie, ovvere quelle prodotte intenzionalmente per un uso diretto, e microplastiche secondarie la cui origine è determinata dalla degradazione di materie plastiche.
I fattori che determinano il fenomeno della degradazione sono l’ossidazione, l’umidità, le temperature estreme. Per fare qualche esempio di microplastiche secondarie, basta citare quelle che derivano dai rifiuti di plastica, come i sacchetti per la spesa.
Le microplastiche, oltre a essere nei mari, si trovano anche nell’aria che respiriamo.
Il collegamento tra prodotti tessili e microplastiche
Anche se può sembrare strano, i tessuti rappresentano una fonte importante di produzione di microplastiche, pari al 34,8% dell’inquinamento globale da microplastiche.
La cosa più preoccupante è che il 68% della produzione mondiale di fibre è determinata da fibre sintetiche. Il poliestere è la fibra più prodotta e rappresenta il 51,5% della produzione totale.
Ma come vengono prodotte? Durante il processo di lavaggio di indumenti sintetici, che contengono plastica come poliestere e acrilico, i tessuti sono sottoposti a sollecitazioni meccaniche e abrasioni che causano la frammentazione dei filati. Le microplastiche finiscono quindi nelle acque reflue e infine in fiumi e mari.
Come ridurre l’inquinamento da microplastiche tessili?
Per ridurre l’inquinamento idrico da microplastiche è importante intervenire su alcuni aspetti. Un esempio, è il miglioramento degli impianti di trattamento delle acque reflue (dove tutte le nostre acque usate vengono filtrate e trattate), affinché aumentino la loro capacità di filtraggio e trattamento delle microfibre. Le aziende che operano all’interno del Distretto tessile di Prato, per esempio, utilizzano uno tra i più grandi ed efficienti impianti di depurazione.
Anche il settore tessile può fare la sua parte. Eliminare l’utilizzo di materiali sintetici dalla produzione non è possibile. Quello che può essere fatto è la riduzione del loro uso, privilegiando i materiali naturali, insieme alla riduzione degli sprechi di un’eccessiva produzione tessile. Senza dimenticare l’importanza dell’ecodesign che rappresenta l’elemento centrale dell’Economia circolare e la nuova frontiera della progettazione e creazione di tessuti.
Infine, i consumatori possono contribuire prestando attenzione agli acquisti di capi e tessuti prodotti da aziende attente al rispetto dell’ambiente.