L’industria tessile è la quarta più impattante per l’ambiente

L’industria tessile in Europa occupa 1,7 milioni di persone. I cittadini europei consumano in media 26 kg di tessile ogni anno. Le fibre più utilizzate sono quelle sintetiche, che richiedono anche l’uso del petrolio, seguite da quelle naturali in cotone che implicano il consumo di suolo e acqua.

Secondo il report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA European Environment Agency), l’industria tessile risulta la più impattante dopo quella alimentare, immobiliare e dei trasporti. Un report che mette sempre più in luce l’esigenza di abbandonare un modello produttivo lineare, puntando invece sull’economia circolare.

L’importanza del riciclo tessile per ridurre gli sprechi

Sempre secondo lo studio, i cittadini dei paesi europei acquistano molti più abiti rispetto al passato e li utilizzano per un tempo minore. Una volta gettati via, la maggioranza di questi rifiuti tessili viene esportata nei paesi di Est Europa, Asia e Africa. Una parte finisce direttamente in discarica, mentre solo una piccola percentuale viene riciclata.

A fronte di questi processi, se la produzione tessile puntasse maggiormente al recupero dei materiali già utilizzati, attraverso riuso e riciclo degli stracci, la filiera ridurrebbe molto gli sprechi, il consumo di energie, le materie prime e l’impatto ambientale.

L’inquinamento idrico dell’industria tessile

Le ricadute del settore tessile riguardano soprattutto ambiente e clima. I dati pubblicati dall’EEA nel 2017 stimano che la filiera tessile consumi ogni anno 1,3 tonnellate di materie prime e 104 metri cubi d’acqua a persona.

Il settore tessile utilizza circa 3.500 sostanze per la produzione di tessuti, di queste 750 sono classificate come pericolose per la salute umana e 450 per l’ambiente. Lo studio sostiene anche che il 20% dell’inquinamento idrico sia dovuto ad attività legate al tessile. In particolare, durante i processi di lavaggio dei capi sintetici esiste il problema del rilascio di micro fibre che finiscono in fiumi e mari.

Consorzio Detox promuove una produzione tessile sostenibile

Come contrastare tutto questo? Consorzio italiano di implementazione Detox, accogliendo la campagna promossa da Greenpeace, nasce per promuovere forme di produzione tessile sostenibile. E, soprattutto in questo momento di difficoltà legato alla pandemia di covid, a tutte le aziende è chiesto un impegno supplementare nei confronti della Sostenibilità.

Non solo nei singoli prodotti, ma in tutto il percorso della produzione industriale. Un percorso che passa dalla trasparenza e dalla tracciabilità della filiera, dall’economia circolare e dalla riduzione dell’inquinamento.

CID e GIDA insieme per l’analisi e la depurazione delle acque

Una delle buone pratiche del Cid, nel Distretto tessile di Prato, è la collaborazione con il depuratore ambientale gestito da GIDA, di cui fanno parte il Comune di Prato, Confindustria Toscana Nord e Gruppo CONSIAG.

Attraverso questo impianto di depurazione, tutte le acque derivanti dalle lavorazione tessili del distretto vengono raccolte. Una parte di questa acqua viene ulteriormente depurata e poi rimessa nel sistema di produzione, attraverso un sistema di acquedotto industriale. In questo modo, il risultato è doppio: riduzione del consumo di acqua e dell’inquinamento. Non solo, in collaborazione con Gida, il Consorzio svolge continue analisi sulle acque, per monitorare in modo costante l’impatto della produzione tessile.