26/10/2016 – A metterlo in luce un nuovo studio del laboratorio pratese dell’istituto Buzzi per il progetto tra Greenpeace e gli industriali di Prato. Intanto nasce il Consorzio Detox con 23 aziende

C’è una sostanza chimica utilizzata per il lavaggio industriale delle lane utilizzate per i nostri abiti, vietata in Europa ma trovata durante il lavoro di analisi del laboratorio Buzzi, che nel mare femminilizza i pesci e che è portatrice di alterazioni ormonali nell’uomo. Sono gli alchilfenoli Etossilati (Apeos) e sono solamente uno degli undici gruppi di sostanze pericolose a cui Greenpeace ha dichiarato guerra con il suo progetto Detox . Una battaglia che Prato, come distretto tessile, ha sposato e che ora ha favorito la nascita del Consorzio Italiano implementazione Detox, in pratica un gruppo di aziende, ventitrè, che sta cercando di portare avanti la produzione di stoffe senza utilizzare prodotti nocivi, uso molto frequente specialmente nella fase di lavorazione delle tintorie.
Un Consorzio benedetto da Chiara Campione, responsabile della campagna Detox per Greenpeace Italia che ospite di un convegno al Museo del tessuto ha definito il percorso del distretto pratese «una piccola rivoluzione industriale». «Greenpeace – ha aggiunto – ha ideato una campagna e oggi ci troviamo uniti ai produttori che hanno messo in atto un vero e proprio attivismo industriale cercando di favorire la ricerca della sostenibilità nell’industria italiana».

Etica di Greenpeace e business di Prato che vanno a braccetto, gli uni con l’obiettivo di rendere più sano questo nostro mondo, gli altri – come ha detto in modo molto chiaro il presidente di Confindustria Toscana Nord Andrea Cavicchi – «per business, perché per le nostre aziende il tessile sostenibile è un’opportunità che dobbiamo cavalcare per primi». Due percorsi che si uniscono e che hanno portato alla nascita del Consorzio che consente da una parte a Greenpeace di tenere d’occhio quello che accade nelle aziende del distretto che hanno aderito a Detox sfruttando anche gli studi che sta portando avanti l’Istituto pratese Buzzi, dall’altra al distretto (e nel dettaglio alle imprese associate) di poter utilizzare, anche se in via indiretta, il vantaggio di fregiarsi dell’amicizia con Greenpeace grazie al logo del Consorzio che, della campagna dell’associazione ambientalista, porta il nome.
Nelle prime fasi dell’accordo infatti uno dei temi che più divideva gli industriali pratesi era proprio il fatto che non si sarebbe potuto utilizzare, nonostante i grossi investimenti, dal punto di vista commerciale questo rapporto e che quindi i risultati si sarebbero visti in tempi troppo lunghi. «Per noi – è il parere di Giuseppe Ungherese di Greenpeace – è fondamentale che il comparto industriale comprenda che così non può più produrre e lo studio del Buzzi va a mettere le mani nella marmellata dimostrando che ci sono negli abiti che indossiamo sostanze inquinanti nascoste. Serve un cambiamento culturale e un’informazione corretta».
«Già adesso – è invece intervenuto Giuseppe Bartolini, direttore di Buzzilab – con la diffusione della campagna e l’adesione anche di numerose importanti griffes della moda le cose sono cambiate. I primi tempi le aziende produttrici di coloranti non ci davano alcuni indicazione mentre adesso sono le prime ad offrire dei prodotti alternativi. E perfino dalla Cina dove si lavorano le materie prime si è preso a cambiare i prodotti cercando di utilizzare quelli con meno sostanze nocive».
L’obiettivo del Consorzio oggi è trovare adesioni anche in altri distretti tessili italiani e tra i confezionisti in modo da stringere nuovi e più stretti rapporti commerciali.
Lo studio del Buzzi. Lo studio condotto dal laboratorio di analisi BuzziLab presentato ieri prende in esame circa 1200 coloranti utilizzati comunemente nelle tintorie, da cui sono state estratte 228 materie coloranti diverse che rappresentano circa il 90% delle sostanze coloranti utilizzate a livello mondiale nelle filiere tessili. Lo studio si concentra su 4 degli 11 gruppi di sostanze tossiche bandite da Greenpeace: Ammine aromatiche, Alchifenoli Etossilati, Clorofenoli e Ftalati. I risultati dello studio, evidenziano che il 70 per cento delle materie coloranti esaminate risultano contaminate per presenza di sostanze chimiche pericolose, rilevate a concentrazioni superiori ai limiti previsti da Detox; mentre soltanto una percentuale “irrisoria” (0,8%), non risulterebbe conforme ai limiti auto-imposti dalle aziende e dai brand aderenti a ZDHC Foundation (Zero Discharge Hazardous Chemicals), oggi la certificazione più avanzata in campo tessile dopo Detox.

Le aziende che hanno aderito al Consorzio. Filati Bemiva, Pecci filati, Filatura Papi Fabio, Industria italiana filati, Ilaria manifattura lane, Filati Biagioli Modesto, Cromos, Tintoria Alessandrini, Tintoria Fiordiluce, Tintoria Cometa, Tintoria Biagioli Modesto, Lanificio Bellucci, Marini industrie, Furpile idea, Lanificio Europa, Manifattura Emmetex, Bardazzi Alberto, Texmoda Tessuti, Fratelli Ciampolini, Finissaggio Trt, Jersey mode, Daykem, Progetto Lana e Berto E.G. industria tessile.